Di norma, ogni persona nasce con due reni, nascosti sotto la gabbia toracica nella schiena, su ciascun lato della spina dorsale. I reni sono lunghi circa 14 cm, con un’ampiezza di 8 cm ed uno spessore di 5 cm. Il loro peso varia da 280 a 340 grammi. Ogni rene contiene circa 1 milione di tubicini denominati nefroni. Poco più del 22% del sangue pompato ogni secondo dal cuore va ai reni. Questo sangue scorre nel nefrone tramite un filtro chiamato glomerulo. Globuli rossi, globuli bianchi e numerose sostanze come le proteine non passano di norma nel glomerulo, ma restano piuttosto nell’organismo. Il fluido che passa attraverso il filtro è costituito dall’acqua, da elettroliti e altre sostanze disciolte. I reni sono un sistema di regolazione e fanno sì che i nostri elettroliti, quali il sodio, il potassio, il calcio, il fosforo ed altre sostanze chimiche siano in equilibrio; contribuiscono anche a regolare il pH dei liquidi del corpo, così che essi non siano troppo acidi né basici. I reni, inoltre, filtrano ed eliminano i prodotti di scarto che il nostro corpo produce quotidianamente. I reni filtrano il plasma sanguigno e producono urina, con cui le sostanze di scarto vengono eliminate dal corpo. In mancanza di una corretta funzione renale, i prodotti di scarto si accumulano nel sangue, causando una condizione tossica, conosciuta come avvelenamento uremico. L’azoto ureico ematico (BUN) e la creatinina sono due prodotti di scarto eliminati dal rene. In particolare, la creatinina è eliminata in modo così efficace che una valutazione della funzione renale può essere derivata dal livello di questa sostanza nel sangue. Il medico può calcolare in modo approssimativo quanto è efficace la funzione del rene mediante un’analisi del sangue per la creatinina, la raccolta delle urine delle ultime 24 ore, l’altezza e il peso del paziente. È ciò che viene chiamato “clearance della creatinina” o velocità di filtrazione glomerulare (Glomerular Filtration Rate o GFR degli anglosassoni). Altre funzioni del rene comprendono la produzione di parecchi ormoni essenziali. Uno di questi è la renina, un enzima che, a sua volta, ne forma altri che aiutano la regolazione della pressione sanguigna e il trasporto del sale nel corpo. Un altro ormone prodotto dai reni è l’eritropoietina, definita comunemente EPO. EPO è un ormone che ordina al midollo osseo di produrre globuli rossi. Se i reni di una persona sono tolti chirurgicamente, o se non assolvono il loro compito a causa di una malattia renale, l’Epo non viene più prodotta e il paziente deve essere trasfuso dalle 5 alle 7 settimane. Il gene completo che codifica per la proteina eritropoietica fu scoperto parecchi anni fa. Ora esiste una forma di EPO, ottenuta mediante ingegneria genetica, che una persona può assumere e che elimina il bisogno di trasfusioni. I reni trasformano pure la vitamina D nella sua forma attiva. In tal modo essi contribuiscono al controllo del calcio e della formazione delle ossa. Dal momento che svolgono queste importanti funzioni, i reni sono molto importanti nel mantenere una persona in buona salute.
La malattia del Rene Policistico (in inglese Polycystic Kydney Disease, PKD) si eredita in due diverse forme:
1) Gene autosomico dominante (ADPKD), la più comune delle malattie genetiche a evoluzione fatale.
2) Gene autosomico recessivo (ARPKD), una malattia relativamente rara che può causare mortalità, in modo significativo, nel primo mese di vita.
Un rene normale ha le dimensioni di un pugno umano. Tuttavia, in presenza di PKD, le cisti si sviluppano in entrambi i reni. Ci possono essere poche o molte cisti, e le cisti possono avere una grandezza che varia da una capocchia di spillo a un pompelmo. Quando si sviluppano molte cisti, i reni possono assumere le dimensioni di un pallone da football o più, e un peso fino a oltre 10 chili ciascuno.
Una cisti nel rene comincia come un rigonfiamento di un nefrone, simile ad una vescicola. Le cisti possono formarsi ovunque sulla lunghezza del nefrone. Benché “policistico” significhi “molte cisti”, non tutti i nefroni formano cisti. Il liquido all’interno delle cisti corrisponde spesso alla zona del nefrone da dove ha avuto origine la cisti.
Circa il 70% delle cisti si stacca dal nefrone quando esse sono ancora minuscole, circa 2 mm di diametro. Nel tempo, le cisti si allargano e si possono riempire di liquido limpido o contenente sangue o globuli bianchi.
Le cisti si possono formare in altri organi oltre ai reni; l’altra zona più comune è il fegato. La ricerca attuale suggerisce che le cisti al fegato sono legate ai dotti biliari o ai tubicini del fegato più che alle stesse cellule del fegato. Ne risulta che piuttosto che far funzionare le cellule del fegato, le cisti semplicemente spingono da parte le cellule del fegato. Ecco perché le cisti del fegato non provocano danni al funzionamento del fegato, anche se quest’ultimo può ingrossarsi a causa delle cisti.
La Ricerca ha mostrato che ci sono almeno tre componenti nella formazione delle cisti:
1) Proliferazione delle cellule: le cellule delle pareti di una cisti si riproducono più delle cellule di un rene normale. Ciò fa sì che le cisti crescano in ampiezza.
2) Secrezione cellulare: la secrezione è un modo di formare il liquido. Per formare una cisti, le stesse cellule devono produrre il liquido. Se non ci fosse produzione di siero per riempire la cisti, ci sarebbe meramente una palla di cisti.
3) Anormale membrana basale: essa è un sottilissimo strato di tessuto su cui poggiano le cellule delle cisti. Nell’ADPKD tale strato è più spesso del normale ed è costituito in modo sbagliato.
In generale, le cisti provocano problemi per le loro dimensioni e lo spazio che esse occupano. Le dimensioni dei reni e del fegato sono direttamente proporzionali al numero e alla grandezza delle cisti. Per esempio, è più probabile che le persone con reni oltre i 15 cm abbiano dolore rispetto a chi ha i reni più piccoli.
Nel XVIII e XIX secolo, il rene policistico veniva spesso definito come malattia di Bright. Tale termine comprendeva tutte le numerose malattie renali, caratterizzate da forti concentrazioni di proteine nell’urina. Oggi, sappiamo che molti dei casi della malattia di Bright erano in effetti casi di rene policistico. Il primo caso documentato di rene policistico risale a Stefan Bathory, Re di Polonia, vissuto dal 1553 al 1588.
È stato solo recentemente che il rene policistico ha ottenuto un qualche slancio nell’ottenere consapevolezza e fondi per la malattia.
Un altro motivo per cui molti non hanno sentito mai parlare del rene policistico è perché esso è un “disordine interno” – ciò significa che non ha un effetto drammatico sull’apparenza esterna di una persona. Una persona che convive con il PKD può avere un dolore o trauma agli organi interni; tuttavia, può succedere che mantengano un aspetto fisico assolutamente “normale”, che non colpisce l’attenzione, né suscita compassione nel pubblico ignaro.
Il rene policistico è una malattia ereditaria, la forma dominante della malattia (ADPKD) viene trasmessa da una generazione alla generazione successiva da un genitore ammalato. Ciascun figlio di un genitore ADPKD ha una probabilità del 50% di ereditare la malattia. Gli scienziati hanno anche scoperto che circa il 10% della comunità dei malati di rene policistico è stato colpito da una nuova mutazione spontanea e non tramite ereditarietà. ADPKD colpisce nella stessa misura uomini e donne, senza distinzione di età, razza o origine etnica.
Ogni nucleo cellulare contiene fili minuscoli, detti cromosomi. In essi sono contenute tutte le informazioni necessarie a dirigere la formazione e la funzione dell’essere umano. A loro volta, i cromosomi sono costituiti da geni, che costituiscono l’unità base dell’ereditarietà. I geni sono così piccoli che sono invisibili persino al microscopio elettronico perciò, sono studiati dalla genetica molecolare.
La meta della cura definitiva di una malattia ereditata geneticamente consiste nello scoprire qual è la proteina difettosa e tentare di ripararla. Sappiamo una cosa sorprendente: esistono più geni che causano il rene policistico dominante dell’adulto o ADPKD. Sembra che il malfunzionamento di almeno tre geni possa causare l’ADPKD. Circa l’80% dei malati ADPKD hanno il gene ADPKD1, situato nel cromosoma 16. La maggior parte del rimanente 20% ha il gene ADPKD2 nel cromosoma 4. Finora non è stato ancora localizzato il gene ADPKD3.
Pare che la malattia causata dai geni ADPKD1 e ADPKD2 sia in qualche modo diversa. Con il gene malfunzionante ADPKD1, le cisti sembrano formarsi in età più giovane; sembra che ci sia un inizio più precoce dell’innalzamento della pressione sanguigna, ed una più precoce perdita della funzione del rene rispetto al gene ADPKD2.
Il rischio di avere un figlio che erediti il cromosoma con il gene colpito dalla malattia è sempre del 50% per ogni gravidanza; non ha importanza quale sia il numero dei figli di una persona; in altre famiglie, non ce ne sono. Molte famiglie con parti multipli avranno sia figli malati che non.
Il rene policistico non salta una generazione. Tuttavia, i sintomi e la progressione della malattia non colpiscono necessariamente ogni generazione nello stesso modo.
Il gene dell’APDKD è dominante, il che significa che è sufficiente una sola copia del gene malfunzionante, trasmesso dalla madre o dal padre ammalato/a, per causare la malattia. Non c’è condizione di portatore in un gene dominante; esso non si nasconde per uscire in una generazione successiva. Così se una persona ha il gene malfunzionante, prima o poi nella sua vita si avranno manifestazioni della malattia. Quando un individuo non ha il gene ADPKD, non avrà la malattia e non può, di conseguenza, passare il gene alla generazione successiva.
Nell’ADPKD c’è anche un tasso di circa 10% di mutazioni spontanee. Ciò significa che, invece di ereditare il gene ADPKD da un genitore malato, il gene muta spontaneamente per motivi sconosciuti. È importante sapere che anche con una mutazione spontanea un nuovo ammalato passerà il suo gene mutato ai suoi figli.
Chiunque abbia l’ADPKD nella stessa famiglia ha lo stesso tipo di gene ADPKD e lo stesso difetto in quel gene. Tuttavia, persino nella stessa famiglia i segnali, i sintomi ed il corso della malattia possono essere spesso diversi. È assai difficile prevedere il corso della malattia in qualsiasi membro della famiglia osservando la progressione della malattia nel genitore o dei fratelli e sorelle.
Un medico viene allertato circa la possibilità dell’ADPKD in tre diverse situazioni: quando qualcuno riferisce che c’è una storia familiare di ADPKD, quando ci sono segni e sintomi che comunemente ricorrono nell’ADPKD, o quando viene eseguito un esame diagnostico per qualche altro motivo e si riscontrano cisti nel rene.
Di norma, esistono principali test clinici, che possono essere usati per diagnosticare il rene policistico in una persona: ecografia, tomografia computerizzata (TAC) o risonanza magnetica (RMN).
L’ecografia è il miglior test di screening per l’ADPKD. Benché la maggioranza dei malati ADPKD abbiano cisti in età adulta, è soltanto dopo i 30 anni che un’ecografia negativa significa probabilmente che qualcuno ha una probabilità inferiore al 5% di avere ADPKD. Inoltre, nei pazienti con la forma del gene malfunzionante ADPKD1 il rene policistico sembra avere un decorso più aggressivo che nel ADPKD2. Perciò, a meno che sia evidente che la vostra famiglia abbia ADPKD1, può accadere che la malattia non sia scoperta mediante ultrasuoni fino ad un momento tardivo nella vita.
Il motivo per cui l’esplorazione con tomografia computerizzata (TAC) non viene usata come primo test per diagnosticare l’ADPKD è che la TAC usa radiazioni e spesso richiede una sostanza colorante. L’esplorazione mediante TAC è la prova migliore quando determinate complicazioni, quali il sanguinamento dentro una cisti o i calcoli renali siano sospetti. La limitazione sia dell’ecografia che della TAC dipende dal fatto che le cisti devono essere abbastanza grandi da essere viste.
Per ora, lo studio della mutazione nei geni è la prova più accurata quando le cisti non possono essere riscontrate mediante l’esplorazione con ecografia o con la TAC.
Il test genetico può determinare condizioni di ADPKD con il 99% di probabilità in famiglie informative. Comunque, il test genetico è piuttosto costoso per il SSN ed è indicato che altri membri della famiglia con ADPKD donino campioni di sangue. A causa di ciò, il test genetico è usato generalmente quando un membro della famiglia non diagnosticato vorrebbe donare un rene.
Inoltre, esistono vari metodi per eseguire la prova. I due metodi più comuni per svolgere l’analisi del DNA sono la prova di associazione e il sequenziamento diretto. L’analisi di associazione non è un’analisi diretta della sequenza del DNA dei geni PKD1 e PKD2. Piuttosto, essa si appoggia all’identificazione di determinati “marcatori” nel DNA di parecchi membri della famiglia in cui è stato diagnosticato il PKD. Per l’analisi, il campione di sangue deve essere ottenuto dalla persona che viene analizzata (il “probando”) come pure da parecchie persone (solitamente tre o più) appartenenti a più di una sola generazione della famiglia del probando, comprese quelle colpite, o non, da ADPKD. Sono altresì richiesti una dettagliata storia familiare e un “pedigree”. I risultati sono di norma riferiti a tutti i membri della famiglia, che hanno fornito i campioni di sangue per l’analisi.
Invece, il sequenziamento diretto del DNA richiede solo un singolo campione da parte del probando. Tale metodo è un’analisi diretta delle sequenze dei geni PKD1 e PKD2 nel DNA. È riservato e i risultati sono riferiti solo al medico del probando e al paziente (il probando). Usando un sofisticatissimo apparato per la determinazione di sequenzia del DNA, vengono analizzate 17000 coppie di basi del DNA e l’intera sequenza è così determinata. Tale metodo è in grado di identificare nella sequenza di DNA i cambiamenti (mutazioni) indicativi della malattia. Può essere la sola opzione se i membri della famiglia non sono disponibili a partecipare ad uno studio di associazione.
All’inizio della malattia non ci sono, generalmente, affatto sintomi. Infatti, molti non vengono mai diagnosticati con rene policistico perché non hanno sintomi o ne presentano pochissimi. Spesso il primo segnale del rene policistico è la pressione alta, sangue nelle urine o una sensazione di pesantezza/dolore al dorso, ai lati o all’addome.
L’alta pressione del sangue, o ipertensione, colpisce dal 60% al 70% di malati di rene policistico. L’ipertensione colpisce presto nel decorso del rene policistico. Nel rene policistico sembra che la causa più probabile dell’ipertensione sia la costrizione dei vasi sanguigni.
Nel rene policistico le cisti possono premere sui vasi sanguigni nel rene, causando una diminuzione del flusso sanguigno ad alcune parti del rene. I sensori del nefrone reagiscono come se la pressione sanguigna nel rene fosse bassa; viene allora prodotta la renina, che genera a sua volta angiotensina, costringendo i vasi sanguigni e provocando ipertensione. Se non curata, l’ipertensione danneggia i reni, ingrossa il cuore e può causare infarto.
Il dolore cronico è uno dei problemi più comuni dei malati di rene policistico. Il dolore è di solito dorsale o laterale e, di quando in quando, allo stomaco. Il dolore può essere intermittente e lieve, richiedendo solo occasionalmente un antidolorifico leggero come il paracetamolo. In poche persone, il dolore può essere costante e piuttosto forte.
Quasi il 50% dei malati di rene policistico hanno avuto o avranno talvolta sangue nelle urine. Ciò è definito “ematuria”. L’urina può presentarsi rosa, rossa o marrone. Può anche verificarsi il passaggio di piccole quantità di globuli rossi nell’urina, il che è visibile solo grazie al microscopio. Si tratta di ematuria microscopica. Il sangue nell’urina può durare un giorno o meno, oppure il sanguinamento può durare giorni. Riposo assoluto a letto, bere quantità di liquidi e paracetamolo (se c’è dolore) sono i trattamenti abituali se il sanguinamento continua.
L’infezione delle vie urinarie è causata da batteri che sono penetrati nella vescica, nei reni o nelle stesse cisti. L’infezione comincia solitamente nella vescica e può progredire dagli ureteri nei reni. Benché sia l’uomo che la donna possano ammalarsi, tale infezione è di gran lunga più comune nelle donne. Essa è piuttosto comune nella gente in generale, ma pare essere più frequente nei malati di rene policistico. Il sintomo più frequente dell’infezione urinaria è il dolore o il bruciore e/o il bisogno frequente di urinare, sebbene ci sia solo una modesta quantità di urina. Quando l’infezione è nel rene o in una cisti, si può avere febbre improvvisa, brividi e dolore alla schiena o al fianco.
I calcoli renali si trovano in una percentuale che va dal 20% al 30% nei malati di ADPKD, rispetto alla percentuale che va dall’8% al 10% nella popolazione in generale. Un certo motivo per cui i calcoli renali sono più comuni, può essere dovuto al blocco dei tubuli, che impedisce il normale drenaggio.
Quando l’urina si ferma in una sola zona più a lungo di quanto dovrebbe, si possono formare cristalli e causare calcoli renali. Un’altra causa di formazione di calcoli in alcuni malati di ADPKD può essere la diminuzione del citrato nell’urina, una sostanza che impedisce la formazione dei calcoli renali.
I sintomi dei calcoli renali sono forte dolore alla schiena, a un lato o all’inguine. Spesso ci può essere sangue nell’urina al passaggio di un calcolo renale.
Benché tutti coloro che hanno il gene ADPKD sviluppino cisti renali, non tutti vanno incontro ad insufficienza renale; se avviene, capita raramente prima dei 40 anni.
Il rene policistico non è solo una malattia renale; altri organi ne possono essere colpiti, compreso il fegato, il cuore e l’intestino.
Dal 60% al 70% di malati di rene policistico hanno cisti al fegato nel corso della vita. Raramente sono presenti cisti al fegato in chi non ha ancora 30 anni, ma esse si formano e aumentano con l’avanzare dell’età. Anche se c’è un ingrossamento del fegato, il complesso del tessuto funzionale resta piuttosto costante. Le cisti al fegato si formano con la stessa frequenza nell’uomo e nella donna. Tuttavia, le donne presentano cisti in più giovane età rispetto agli uomini. Le donne che hanno avuto gravidanze sono a più rischio di cisti al fegato; e le cisti sono più numerose e grandi nelle donne che hanno avuto gravidanze nei confronti di coloro che non ne hanno avute.
Il prolasso della valvola mitralica (PVM) è una condizione ove la valvola che separa la parte alta e quella bassa del cuore non chiude perfettamente. Talvolta ciò fa sì che il sangue torni alla parte superiore del cuore. Ciò è chiamato rigurgito e può essere udito esaminando il cuore come soffio cardiaco. Il PVM si verifica nel 26% dei malati di ADPKD, dall’1% al 3% della popolazione globale. I sintomi che possono essere associati al PVM sono palpitazioni, la sensazione che il cuore “fugga” o che ci siano extrasistole nel cuore ed il dolore toracico non associato all’esercizio fisico.
I malati di rene policistico hanno circa dal 5% al 10% di possibilità di sviluppare aneurismi intracranici. Tali aneurismi sembrano raggrupparsi in alcune famiglie. Vale a dire che, se un membro della vostra famiglia ha un aneurisma o se è avvenuta la rottura di una sua parete, anche voi potete rischiare fortemente di avere un aneurisma. Chi soffre di rene policistico e ha una storia familiare di aneurismi dovrebbe essere sottoposto ad esame. Un aneurisma è un rigonfiamento in un vaso sanguigno. Gli aneurismi intracranici si verificano nei vasi sanguigni del cervello. Gli aneurismi possono riassorbirsi o rompersi. In questi casi i sintomi possono comprendere improvvisa emicrania, dolore muovendo il collo, nausea e vomito, e persino perdita di coscienza. Tutti questi sintomi richiedono attenzione medica immediata.
Le ernie sia inguinali che ombelicali sono più comuni nei malati di rene policistico. Le ernie inguinali sono gonfiori nella zona dell’inguine e le ernie ombelicali sono gonfiori all’ombelico o nelle vicinanze.
I diverticoli sono rigonfiamenti sull’intestino crasso (colon). Pare che i malati di ADPKD, che sono in dialisi o che hanno subito un trapianto, presentino diverticoli con maggiore frequenza e ne subiscano maggiori complicazioni, infezioni comprese, rispetto a chi ha altre infezioni ai reni.
La ricerca attuale dimostra che una persona con rene policistico può svolgere un ruolo più importante nel controllo della malattia, occupandosi in modo regolare della sua salute, una dieta appropriata e movimento regolare.
Attualmente, non c’è dieta specifica che migliori la situazione dei reni policistici o impedisca il loro peggioramento. Comunque, una delle funzioni del rene è eliminare i prodotti di scarto del corpo. La fonte più importante di tali prodotti è il cibo che mangiamo, in particolare modo le proteine. Quando una persona ha perso una parte significativa della funzione renale, il medico dovrebbe ordinare una dieta ipoproteica.
Evitare grosse quantità di carne rossa può contribuire a proteggere i vostri reni. È verosimilmente una buona idea mangiare un hamburger o una piccola bistecca solo due volte la settimana ed inserire nella dieta altre buone fonti di proteine, come pollo, pesce, fagioli e pasta.
Si dovrebbero evitare quantità eccessive di sale. Ciò è importante quando gli individui prendono medicinali per il controllo della pressione sanguigna e quando c’è insufficienza renale. Il problema riguardo al sale è che la maggior parte della gente ama il suo gusto sapido, e la maggior parte dei cibi sono addizionati di sale. Il sale è un conservante; pertanto, tutti i cibi in scatola, cibi precotti, bevande gassate o cibo delle catene di fast-food sono ricchi di sale. Invece la frutta fresca, l’insalata e la verdura veramente fresca sono delle alternative salutari e la loro preparazione è veloce.
Bere molta acqua è di grandissimo aiuto. Quando si bevono molti liquidi si produce più urina. Ciò permette al corpo di eliminare più facilmente i prodotti di scarto. È importante bere molta acqua anche per evitare la disidratazione.
Nel rene policistico i reni possono avere difficoltà nel trattenere l’acqua. Perciò è importante portare con voi acqua o altri liquidi durante le escursioni, gite in bicicletta o vacanze in campeggio.
Si consiglia ai portatori di reni e fegato policistici di astenersi da bevande a base di caffeina, quali caffè, the e talune bevande fredde. Recenti prove sperimentali in laboratorio indicano che la caffeina può plausibilmente far sì che le cisti al rene e al fegato si espandano ad una maggiore velocità rispetto al solito.
Si sa che la caffeina fa aumentare all’interno delle cellule renali il livello di un composto conosciuto come AMP ciclico. Non esistono, tuttavia, studi clinici che dimostrino, o meno, che la caffeina agisca sulla velocità in base alla quale si dilatano le cisti renali. Ciononostante, sembra giusto mettere all’erta i malati circa la possibilità che la caffeina abbia effetti nocivi sui reni policistici.
Non è stato dimostrato che un uso moderato e/o saltuario di alcool danneggi i reni o il fegato. Tuttavia, si pensa che bere tre o più bicchieri di alcool al giorno aumenti la pressione e possa danneggiare il fegato.
(Dr. Nicola Ettore Montemurro – Taranto – Specialista in Nefrologia e Idrologia Medica)
Notoriamente il paziente con rene policistico, fra le altre, va incontro a due complicanze che ne accelerano la comparsa o la progressione dell’insufficienza renale. Tali due complicanze, che beneficiano di un introito liquido non inferiore ai 2 litri d’acqua al giorno, sono le ripetute Infezioni del tratto urinario (UTI) e la nefrolitiasi e/o nefrocalcinosi.
Malgrado ci sia un accordo generale di massima circa la quantità d’acqua da somministrare (giusto: somministrare, come un medicinale!), l’attenzione dei Nefrologi non é pari al discorso di tipo qualitativo.
Studi di Di Paolo et al., risalenti al 2000, hanno dimostrato che solo talune acque oligominerali naturali possono avere un effetto depurativo e non tanto un effetto diuretico sul rene ammalato: si tratta più di acque naturali ipotoniche con basso tenore in Sodio e Calcio e quindi a basso Residuo Fisso. Tenuto conto che per convenzione il Residuo Fisso (ovvero le ceneri di minerali presenti in un litro d’acqua evaporata ed essiccata a 180°) deve essere inferiore ai 500 mg/l per definire un’acqua oligominerale, é comunque bene rifarsi alla definizione di Marotta e Sica che individuava, prima del 1983, molto più correttamente (e meno commercialmente) in 200 mg/l il R.F. un’acqua “oligominerale”.
Nella fattispecie acque con R.F. < a 200 mg/l si rivelano molto più efficaci nel caso del Rene Policistico, essendo quest’ultimo gravato da ipercalciuria e beneficiante di una detersione, che solo questo tipo di acque possono garantire, dal rene fino alle vie urinarie più basse.
Venendo alla “posologia”, é buona norma evitare il carico idrico da 500 ml in mezz’ora per il rischio di scatenamento di coliche renali o emorragie intracistiche da ipoosmosi. E’ corretto educare il paziente ad un introito quotidiano di tipo “termale”: 200ml al mattino, a digiuno, in ortostasi o camminando. Di seguito 250 ml un’ora prima dei pasti e due ore dopo i pasti. 300 ml la sera prima di coricarsi e 200 ml dopo ogni eventuale minzione notturna.
Tale trattamento é idoneo anche in caso di Insufficienza Renale Cronica fino al 3° stadio K/DOQI (escludendo ovviamente i pazienti in ritenzione idrosalina o franchi edemi).
In ogni caso il basso tenore in Na di alcune acque é un valore aggiunto se c’é ipertensione. Infine, é bene, in presenza di UTI, di preferire acque con nitrati < 10 mg/l.
Sono stati ottenuti alcuni preliminari risultati nell’uso della chirurgia laparoscopica riguardo le cisti “sradicate” (altrimenti definite “de-roofing”) e così ridurre il dolore nei malati di rene policistico. Tuttavia la pratica chirurgica deve essere valutata attentamente dal nefrologo. La chirurgia laparoscopica è simile alla chirurgia artroscopica, in quanto è necessaria soltanto una piccola incisione per il procedimento e sono assai ridotti il periodo di recupero dell’operazione e le cicatrici.
Nel rene policistico non tutto il dolore è dovuto ai reni.
Sembra che nessun analgesico possa essere usato impunemente. La codeina ed altri narcotici possono portare a dipendenza o ad un aumento delle dosi. Gli antiflogistici non steroidei (aspirina, ibuprofene, naprossene e molti altri) possono ridurre il flusso sanguigno tramite i reni e aggravare la pressione sanguigna – pertanto i malati di rene policistico non dovrebbero assumere tali medicinali. Il paracetamolo può probabilmente essere usato in piccole dosi per brevi periodi di tempo senza danneggiare i reni, ma i malati con forte dolore cronico possono dover consultare un medico specializzato in terapia del dolore al fine di considerare tipi di cura alternativi.
Oltre il 60% degli individui con rene policistico sviluppa un’insufficienza renale, o una malattia renale in fase terminale, per cui sono cure appropriate la dialisi ed il trapianto. Sono in studio e sperimentazione trattamenti o cure per il rene policistico.
Il progredire verso un’insufficienza renale all’ultimo stadio è di norma graduale per chi ha il rene policistico. I sintomi provati da alcuni durante questo periodo sono:
– Diminuzione dell’energia fisica
– Debolezza
– Respiro corto
– Diminuzione del peso
– Nausea e/o vomito
– Sapore metallico in bocca
– Propensione ad una lieve depressione
– Minore capacità di concentrazione
I tipi di terapia per l’insufficienza renale comprendono l’emodialisi e la dialisi peritoneale.
L’emodialisi è un procedimento che rimuove il liquido in eccesso, gli elettroliti e i prodotti di scarto usando una macchina per dialisi che allontana il liquido in eccesso, la dialisi peritoneale rimuove gli elettroliti e i prodotti di scarto, usando il rivestimento della cavità addominale (peritoneo).
Esistono due tipi di dialisi peritoneale: la dialisi continua ambulatoriale o domiciliare peritoneale è la dialisi che viene effettuata su base continua con scambi quattro volte al giorno, la dialisi peritoneale domiciliare continua ciclica è la dialisi effettuata nel corso della notte usando una macchina che effettua gli scambi mentre si dorme.
Il trapianto renale è l’asportazione di un rene sano da un soggetto vivo o deceduto recentemente e il suo successivo trasferimento in un soggetto con insufficienza renale terminale.
Con il trapianto, si colloca nella parte inferiore dell’addome un rene sano che assume la funzione del rene malato.
Il trapianto è solitamente un trattamento a lungo termine migliore della dialisi. L’esperienza ha mostrato che i pazienti con rene policistico stanno generalmente bene in seguito al trapianto del rene.
Molti reni trapiantati funzionano bene anche per 25-30 anni o più, grazie ai farmaci attuali usati per evitare il rigetto (il procedimento con cui il corpo tende a combattere il rene trapiantato).
(Si ringrazia la PKD Foundation per aver autorizzato la traduzione di alcune parti)
La malattia renale policistica ora gode delle esenzioni di cui al decreto istitutivo dei cosiddetti L.E.A. (livelli essenziali di assistenza) in quanto è diventato operativo il D.P.R. che introduce la malattia policistica sia dominante che recessiva tra le patologie che possono usufruire delle esenzioni. Per ottenere l’esenzione del ticket è necessario andare presso la ASL di competenza territoriale con la certificazione della malattia rilasciata dallo specialista ospedaliero. L’esenzione non copre però tutte le indagini ed esami necessari per la patologia.
I codici per l’esenzione sono:
062.753.13 per il Rene Policistico Autosomico Dominante (tra le malattie croniche)
GRUPPO RNG261 per la forma recessiva (tra le malattie rare)
Per poter ottenere un’esenzione più vasta su medicinali, analisi e indagini specialistiche e strumentali, è necessario che sul certificato del medico specialista ospedaliero vengano riportare anche altre patologie connesse al rene policistico (p. es.: ipertensione, cardiopatia, IVU, ecc.).
Invalidità per il Rene Policistico Autosomico Dominante
La tabella che stabilisce il grado di invalidità destinato alle varie patologie attribuisce alla malattia del “Rene Policistico Bilaterale”, al codice “6480”, il 70% di invalidità fisso.
Come richiedere l’invalidità parziale minima fissa del 70% con il codice “6480” (DM 5 febbraio 1992_Tabella invalidità-apparato urinario – pag. 4)?
La procedura non è automatica, richiede qualche passaggio:
- Recarsi dal proprio medico di base che dovrà redigere un certificato medico telematico apposito per richiesta di invalidità. Sul certificato dovrà essere indicato chiaramente che il paziente soffre di malattia del RENE POLICISTICO AUTOSOMICO DOMINANTE (codice da indicare 753.13) o del RENE POLICISTICO AUTOSOMICO RECESSIVO (codice da indicare 753.14) (classificazione delle malattie ICD9CM – pag. 282) e deve descrivere chiaramente tutte le altre patologie eventuali e correlate con ulteriori codici.
- Il medico invia telematicamente una copia del certificato all’INPS e una copia viene consegnata al paziente.
- Il paziente con la copia del certificato deve recarsi presso un Patronato che (gratuitamente) redige la domanda di invalidità e la invia all’INPS.
- Entro 30/60 giorni il paziente viene convocato dalla Commissione Medica che deve valutare l’effettivo stato di salute. In quell’occasione è bene ripetere chiaramente che si è affetti da malattia genetica renale policistica autosomica dominante.
- La Commissione Medica deve assegnare il 70% d’invalidità anche in presenza di una buona funzionalità renale. E’ possibile che la percentuale possa aumentare in considerazione di eventuali altre patologie.
- Entro 30 giorni circa verrà comunicata la decisione della Commissione Medica e dopo si potrà ritirare presso la ASL di competenza il tesserino di invalidità da utilizzare presso il proprio medico di base per tutte le prescrizioni.
Si precisa che contro la decisione della Commissione Medica si potrà fare ricorso, entro i termini indicati nella lettera, qualora non rispondesse allo stato delle cose.